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Lettere - Clara Graziani si unisce all'appello di Maria Stefania Gianforte
Ho il sogno che un giorno il mio bimbo cerebroleso...
Viterbo - 14 dicembre 2010 - ore 2,30

Riceviamo e pubblichiamo - Gentile redazione,

prendo spunto dal bell’intervento della signora Maria Stefania Gianforte pubblicato dal vostro giornale.

Finalmente un grido. Finalmente una denuncia dalla madre di un bambino cerebroleso.

Mi associo, si può pensare di risparmiare sulla pelle di bambini, di famiglie già tanto provate dalla vita?

Le famiglie dei bambini cerebrolesi sono affrante dal dolore, ma quando sono ancora piccoli, la speranza della loro riabilitazione ci fa investire tutte le energie e le risorse.

Quando i bambini poi iniziano a crescere, dalla disperazione si passa alla rassegnazione e allora ci si preoccupa dell’organizzazione quotidiana e dell’assistenza. La fatica prende il sopravvento e ci si accontenta dei servizi socio-riabilitativi assistenziali che vengono forniti.

Ci accontentiamo dell’inserimento scolastico che difficilmente è integrazione reale.

Le ragioni della mancanza d’integrazione sono molte. Oltre alla carenza di strutture adeguate, anche la varietà dei soggetti coinvolti: operatori scolastici, sanitari e sociali, genitori dei bambini cosiddetti normali, genitori dei bambini diversamente-abili.

Diversamente abili si dice: chi fa emergere queste diversità, chi sa comprendere, chi valorizza questa diversa abilità?

Tutto ciò è molto complesso e quando si parla di progetti, di presa in carico, si parla di utopia, gli operatori sanitari, scolastici o sociali seguono ognuno il proprio settore, ma il bambino, il ragazzo dov’è?

La famiglia a volte la scopre quella diversa abilità, la accetta, la investe di sogni, di aspettative, di speranza che quell’abilità dia al proprio figlio la possibilità di avere un futuro, di aprire qualche porta a qualche competenza.

Come genitori di bambini cerebrolesi ci dovremmo unire e chiedere servizi, chiedere assistenza affinché il nostro non sia più un problema privato, della nostra famiglia ma diventi il problema della scuola, del quartiere, della Asl, del comune.

Da come una società si prende cura dei suoi cittadini più deboli si misura il suo grado di civiltà.

Non deleghiamo alla politica i diritti dei nostri figli, proviamo a fare qualche distinguo della sensibilità politica altrimenti sparare nel mucchio non ci fa centrare il bersaglio.

Uniamo le energie e le esperienze e progettiamo un futuro vivibile per i nostri figli, facciamo scoprire al mondo quella diversità che ce li fa amare tanto.

Chissà che da questo momento di grave crisi economica si possano intraprendere strade nuove, che i “deboli” possano sognare un mondo diverso.

Io son vecchia, ma ci credo ancora e voglio impegnarmi per questo, facciamo aprire dalle pagine di questo giornale un dibattito, un confronto, un progetto.

Carla Graziani


Lettere - Scrive Maria Stefania Gianforte, mamma di un bambino cerebroleso
No ai tagli regionali sulla riabilitazione
Viterbo - 11 dicembre 2010 - ore 2,30


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