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Viterbo - Un ricordo dell'ideologo dell'estrema destra Paolo Signorelli morto ieri a Roma
Addio "cattivo maestro nero"
di Carlo Galeotti
Viterbo - 3 dicembre 2010 - ore 4,00

Paolo Signorelli
- Ciao Paolo!

Come spesso mi capita anche ieri mattina mi sono svegliato con una notizia che mi veniva riferita al telefono: E' morto Paolo Signorelli.

Per la giovane redattrice che scandiva il nome era un nome come tanti. Di un politico o qualcosa del genere. Per me era quello di un amico.

Con Paolo ci conoscemmo nell'estate del 1993, era luglio, lo andai a intervistare nella sua casa a Marta.

Ci andai armato di un mio vecchio articolo che era uscito anni prima sul settimanale d'opinione locale: Sottovoce. Era un articolo strano per quei tempi ad alta temperatura ideologica.

Paolo era in ospedale perché aveva intrapreso uno sciopero della fame, contro il trattamento che aveva subito dalla giustizia italiana, e rischiava di morire.

L'articolo era imperniato su un semplice concetto: in Italia non c'è la pena di morte e va fatto di tutto per salvare Paolo Signorelli. Per dirla con i radicali: Nessuno tocchi Caino. Ovviamente c'erano tutte le prese di distanza ideologiche che il “cattivo maestro nero” comportava.

Brandii l'articolo e glielo mostrai quasi come un lasciapassare tra due mondi così distanti: l'estrema destra violenta e la sinistra libertaria e nonviolenta.

Così mi appariva quello strano incontro.

L'intervista durò oltre tre ore. Il risultato furono due pagine tabloid pubblicate su un quotidiano locale. Una intervista poderosa, insomma. Paolo mi sembrò un uomo solido, quadrato, non un grande teorico, ma un personaggio notevole. Con radici profonde.

Non mi sembrò un grande teorico forse perché le strutture di pensiero e di ragionamento erano molto lontane tra di noi.

Il suo pensiero, vista la logica di fondo distante anni luce dalla mia, mi sembrò nebbioso. Ma i racconti della detenzione; l'episodio dell'arresto del figlio di Paolo, mentre lui era in carcere; quel certo suo anarchismo di destra aprirono un rapporto solido nel tempo, anche se fatto di pochi incontri dilazionati nel tempo.

Mi impressionò molto la sua interpretazione delle stragi, che segnarono gli anni della strategia della tensione, come stragi di Stato per incastrare l'estremismo di destra ma anche di sinistra.

E poi le battute che forse per lui non erano battute: “Io sono più a sinistra di te”. Una frase che in realtà la dice lunga sulle radici di certa destra, che nasce a sinistra.

Insomma incontrai una persona notevole, anche se sideralmente distante ideologicamente.

Ebbi pure l'impressione finale che in realtà Paolo non avesse nulla a che fare con le stragi. Come per altro mi sembra abbiano confermato le sentenze successive.

In quel momento mi disse: “L'unica condanna che ho è di cospirazione, come Mazzini!”.

La sensazione fu quella di trovarsi di fronte a una persona che aveva subito una vera e propria persecuzione giudiziaria.

Ogni volta che in Italia accadeva qualcosa che aveva a che fare con l'estrema destra era sicuro che Paolo fosse tra i sospettati. Un teorema per molti versi.

Uscii dalla casa del “cattivo maestro nero” anche con la convinzione che quella famiglia era stata tenuta unita da una donna straordinaria: la moglie di Paolo. Fu una sensazione netta. Anche se avevo conosciuto per poche ore quella donna.

Negli anni ci furono altri incontri radi nel tempo.

Ci vedemmo una volta nella sede di An in via Cardarelli, per una conferenza stampa organizzata dai giovani di quel partito.

Ricordo lo stupore di quei ragazzi di destra, quando entrai, nel vedere che Paolo si alzò e mi venne ad abbracciare per salutarmi.

L'ultima volta che siamo sentiti fu per una iniziativa che prendemmo come Tusciaweb con Antonello Ricci nel 2006. Una sorta di manifesto contro la violenza politica, visti i continui episodi che si verificavano in città. Fu un tentativo reale di sedare la violenza, un tentativo non ideologico. Che voleva rompere gli schemi.

La firma dell'appello da parte di Paolo, proprio per il suo passato, mi sembrava significativo.

La sua adesione fu immediata e ci mandò una motivazione che mi sembra un bel testamento politico per un personaggio certamente discusso, che certamente ha predicato parole gravi e non condivisibili, che certamente ha vissuto in prima linea i tempi dell'ideologia, ma che non credo abbia mai fatto qualcosa di materialmente grave. Per dirla tutta non ho mai creduto che abbia avuto a che fare con la strage di Bologna.

Un giudizio frutto della conoscenza personale di un uomo denso come era Paolo.

Il giudizio definitivo su Paolo lo darà la storia. Oggi mi piace ricordare il cattivo maestro, il fascista Signorelli ripubblicando proprio la sua adesione all'appello contro la violenza politica.

Ciao Paolo, un abbraccio da uno che non ha mai condiviso nulla o quasi di quello che hai detto, ma che non ha mai nascosto di esserti amico.

Carlo Galeotti


L'adesione all'appello conttro la violenza politica
Non è con lo scontro fisico che si affermano le idee
di Paolo Signorelli

Aderisco all'appello.
Non è con lo scontro fisico che si affermano le idee. In un mondo globalizzato, in cui i giovani vengono rinchiusi nei lager disperanti di un presunto benessere, l’antagonismo deve esprimersi come rivolta ideale contro il turbocapitalismo e contro l’omologazione culturale.

In un mondo sistemico, in cui destra e sinistra costituiscono superati luoghi concettuali ormai privi di autentico significato politico, i giovani devono “fare fronte” e porsi come alternativa reale nella previsione di un domani altro.

Debbono, insomma, sfuggire alla logica della contrapposizione che, a ben vedere, è indotta strumentalmente dal Grande Fratello.

La storia dei costruiti anni di piombo lo insegna: mentre “rossi” e "neri” versavano il loro sangue di militanti dell’idea le cosche partitiche e finanziarie consolidavano la loro gestione affaristica del potere. Questo e non altro rappresentò la “strategia degli opposti estremismi”. A quella strategia già sulla fine degli anni ’70 io ed altri esponenti di opposta “fazione” ci ribellammo. Riproporre oggi la logica dell’antifascismo militante o dell’anticomunismo viscerale oltre ad essere antistorico è stupido.

Che i grandi evitino di emarginare i giovani e si facciano “lievito” per le loro battaglie culturali.

E che i giovani irrompano nel sociale battendosi per i diritti e le garanzie dei cittadini, per il mutuo sociale, per il reddito di cittadinanza, per impedire la privatizzazione delle acque, per cercare di sconfiggere l’usura, per riconquistare - infine – con la loro identità la loro dignità di Popolo.

Paolo Signorelli


Politica - Fu esponente dell'Msi e fratello del parlamentare Ferdinando
E' morto Paolo Signorelli
Viterbo - 2 dicembre 2010 - ore 11,00


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