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Una estate fantastica... - L'assessore Santucci dice la sua sulla cultura nella Tuscia
Qui ci vuole una fondazione
di Giovanni Maria Santucci
Viterbo - 24 settembre 2010 - ore 2,10

Gianmaria Santucci
- Caro Carlo,

va bene così, anzi va benissimo così. Finalmente il mondo della cultura torna a far parlare di sé e spinge fuori dalle caverne, in cui si erano rinchiusi, i principali animatori culturali di questi anni.

Ai tanti amici che in queste settimane mi hanno chiesto del perché non fossi tornato alle deleghe di un tempo ho sempre risposto che la mia epoca era trascorsa e che servivano idee nuove e linfa pura che nutrisse i “giacimenti culturali viterbesi”.

Per questo oggi a titolo personale e da “ex interessato” permetti anche a me uno dei fossili della precedente era culturale di partecipare a questa moderna forma di simposio.

La verità è che nelle parole dei tanti intervenuti ci sono tutte le ragioni del disagio sociale che la crisi del mondo della cultura sta vivendo con estrema drammaticità. Non ci troviamo di fronte solo a una carenza di soldi ma soprattutto a una carenza di “generosità creativa.”

Diciamo la verità senza buttarla in politichese: oggi ciascuno dei tanti animatori culturali viterbesi è costretto dalla difficoltà contingente a difendere il proprio orticello, piccolo o grande che sia, piuttosto che condividere i percorsi già fatti.

Se Tusciaweb diventa il naturale luogo di discussione e confronto, è perché i luoghi deputati a parlare non fanno più il lavoro insostituibile per cui sono stati incaricati.La Regione Lazio, la Provincia, il Comune di Viterbo, la Fondazione Carivit, le banche locali devono ritornare a progettare insieme: ad iniziare dalla lotta al viterbo-centrismo.

E’ verissimo caro Carlo che Viterbo quest’anno ha espresso un’ottima stagione, ma è altrettanto vero che la cultura della Tuscia non può nascere e morire solo nelle piazze viterbesi. Civita Festival, Viterbo Festival, Quartieri dell’arte, il Premio Cardarelli, il Beethoven Festival di Sutri, e le tantissime iniziative che qui non cito solo per mancanza di spazio, rappresentano quelle radici che danno ampiezza e storia a ciò che si fa.

Non è un problema di sagre più o meno doc, quanto la capacità di produrre sul territorio eventi culturali, piuttosto che semplicemente acquistarli! La prima lezione che appresi da amici come Alfonso Antoniozzi, o Gianmaria Cervo, fu quella che solo progettando e programmando per tempo si dava respiro a ciò che si faceva.

E’ importantissimo portare a Viterbo i grandi nomi della cultura contemporanea ma è ancor più importante trasformare l’evento di una sera in un progetto di formazione che consenta a una nuova generazione di divenire a sua volta “produttore” di cultura.

La risposta non è se scegliere fra ciò che piace alle amministrazioni o ciò che piace ai viterbesi, ma costruire un cartellone generalista in cui la distinzione non è fra teatro o cinema fra canto o lettura. L’unica distinzione concepibile deve essere quella fra chi crea eventi di qualità e chi fa solo mera riproposizione dell’attuale.

Insomma non è importante se la sagra sia più frequente di un’opera lirica o di un dibattito culturale, l’importante è che l’offerta culturale nel suo complesso sia la più ampia possibile e alla massima qualità consentita. Così come, dopo aver programmato gli eventi dobbiamo chiedere ai tanti operatori culturali viterbesi di aiutarci a fare formazione per ampliare l’offerta.

E’ assurdo avere personaggi come: Alfonso Antoniozzi, Pier Maria Cecchini, Gian Maria Cervo, Massimo Onofri, Nicola Piovani, Filippo Rossi, Srefano Vignati(e tantissimi altri con cui mi scuso) e poi chiedergli di fare soltanto le “proprie” cose: noi abbiamo il diritto di sfruttarli e loro il dovere di spendersi per il proprio territorio.

Io voglio 10 “Caffeina” che si contaminino a vicenda, 10 “Opera Festival” in cui ci siano anche le sezioni dedicate al barocco, una Fondazione (ahimè ne sono ancora personalmente convinto) che promuova la Festa di Santa Rosa in tutta Italia e non la guerra fra poveri in cui si tira per la giacchetta i rappresentanti istituzionali vittime delle varie pressioni.

Un fermento che dimostri che la Tuscia è la casa culturale di tutti e non solo di chi in quel momento governa il territorio, politicamente o mediaticamente…. Rimbocchiamoci le maniche e aiutiamo chi oggi, come gli amici Andrea Danti o Giuseppe Fraticelli, sono deputati a produrre cultura, avremo tutti risposte sorprendenti da una terra bellissima.

Giovanni Maria Santucci


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