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L'alambicco di Antoniozzi
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Quando non si buttava il pane
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 4 dicembre 2008 - ore 0,45
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
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Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
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di Alfonso Antoniozzi
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Viterbo - 23 ottobre 2008 - ore 1,30
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Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
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Viterbo - 25 settembre 2008 - ore 1,30
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Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Quando non si buttava il pane
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 4 dicembre 2008 - ore 0,45

Il cantante lirico
Alfonso Antoniozzi

- In tempi come questi non si sente parlare d'altro che di crisi e di come incentivare i consumi che, ragionevolmente, hanno subito una forte decrescita: i negozi ci invitano a pagare a rate con un anno di ritardo l'ultimo telefonino buttato sul mercato. Il governo ci spinge ad uscire e a fare compere. I mercanti di auto fanno offerte sensazionali e via discorrendo.

Personalmente mi domando se invece le difficoltà finanziarie che ultimamente la fanno da padrone sulle nostre preoccupazioni quotidiane non siano un segnale chiaro della fine dell'epoca del consumo selvaggio e, allo stesso tempo, se non possano essere un incentivo a ritornare ad uno stile di vita che sembriamo aver abbandonato da tempo.

Ricordo, ad esempio, che a casa mia era peccato mortale buttar via il pane che veniva conservato sia per fare pappe al pomodoro, pancotti, bruschette ed altro, sia per grattugiarlo.

Gli avanzi della cena finivano nelle polpette o nei cannelloni, o nelle zuppe.

Una salsiccia rimasta orfanella nel frigo faceva da base per un soffritto.

Se avanzavano delle foglie di insalata diventavano la base per un involtino, e i pezzi di formaggio e di verdura avanzati diventavano una torta rustica, con la complicità dell'ultimo ovetto rimasto nel frigo.

Adesso, invece, l'italiano medio butta nella spazzatura il venti per cento della spesa. Il venti per cento, avete letto benissimo.

Una volta si accendevano solo le luci di cui avevamo bisogno, e quando si usciva da una stanza ci si doveva ricordare di spegnere la luce dietro di noi.

Accendere una lampadina quando c'era la luce del giorno disponibile era peccato mortale. Abbiamo tutti bevuto acqua di rubinetto, potabile per legge, e non è morto mai nessuno.

Sempre a proposito d'acqua, quando ci lavavamo i denti non lasciavamo scrosciare un niagara, ma aprivamo e chiudevamo il rubinetto a seconda della necessità. Per la barba si riempiva il lavandino di acqua tiepida invece di passare il rasoio sotto uno scroscio perenne d'acqua bollente.

Il televisore si accendeva premendo un pulsante che non fosse quello del telecomando, e così succedeva per la radio, lo stereo e in genere qualsiasi apparecchio elettrico.

Una ricerca di questi giorni, invece, ci racconta che l'italiano medio consuma in un anno sui duecento euro di elettricità solo per mantenere attivati i meccanismi di "stand-by" degli oggetti elettrici ed elettronici che ha in casa.

Come ammorbidente, si usava l'aceto puro che ha il vantaggio di non inquinare e ha lo stesso potere degli ammorbidenti industriali, e la
lavatrice non veniva avviata se non quando era piena.

Gli indumenti di lana venivano lavati a mano in una bacinella, e non portati in lavanderia alla comparsa della prima macchiolina. In cucina si usavano stracci e non rotoloni di carta assorbente, e sempre gli stracci venivano usati per pulire vetri e superfici in genere.

Un vecchio lenzuolo logorato dall'uso diventava uno straccio da spolvero o, se particolarmente fortunato, un telo con cui coprire gli abiti nell'armadio al cambio di stagione.

Nessuna casalinga o casalingo si sarebbe sognato di comprare una pasta al pomodoro o all'amatriciana precotta da buttare in padella per risparmiare venti minuti. E se faceva molto freddo, mettevamo su un maglione più pesante invece di alzare la temperatura del riscaldamento a ventiquattro gradi e andare in giro per casa in canotta.

Sono sicuro che tutti quelli che mi leggono hanno ricordi del genere: forse è il caso di riprendere le vecchie usanze e convincersi una volta per sempre che, per la salute delle nostre tasche e del pianeta in cui viviamo, l'unica crescita possibile consista in una decrescita intelligente.

E, soprattutto, nell'arrivare a convincere noi stessi che il vecchio adagio che diceva sempre mio nonno è sempre valido: se non puoi permettertelo, significa che non puoi comprarlo, e che l'orribile motto "compri ora, paghi poi" nasconde un'altra atavica verità che già Virgilio conosceva quasi duemila anni fa: temi i greci anche quando recano doni.

Se questo periodo di crisi ci insegnasse, dunque, non a smettere di consumare né a continuare a consumare nonostante tutto ma a consumare ed acquistare solo quello di cui abbiamo realmente bisogno e a fare un poco di economia domestica, allora forse potremmo dire che il problema economico potrebbe facilmente trasformarsi in una soluzione globale e, in fin dei conti, nell'inizio di un'era in cui noi esseri umani abbiamo imparato a comportarci in maniera un poco più responsabile per il benessere nostro, del nostro portafoglio e di quelli che verranno dopo di noi.

Alfonso Antoniozzi

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