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Tribunale - Svolgerà gli accertamenti nell'ambito dell'incidente probatorio
Bimbo massacrato, nominato il perito
Viterbo - 25 settembre 2010 - ore 2,15


La chiazze di sangue sulla strada dov'era riverso il bimbo
- Bimbo massacrato, al via l'incidente probatorio.

Si è svolta ieri mattina, al tribunale di Viterbo, l'udienza per l'incidente probatorio per il caso del bimbo di cinque anni picchiato selvaggiamente a febbraio.

La squadra mobile viterbese aveva arrestato la madre adottiva, V.U.A., una donna di origini nigeriane di circa cinquant'anni.

Sono stati gli avvocati della donna, Alessandra Zena e Fabio Federico, a chiedere l'incidente probatorio, per verificare la natura delle tracce trovate sull'auto di Claudio Picciollo, il dipendente della Provincia che, quella sera, si fermò per soccorrere il piccolo.

Accertare che quelle macchie siano di sangue e riconducibili al bambino, sarà compito del perito, nominato ieri mattina.

Il consulente, salvo richieste di proroga, ha tempo fino alla prossima udienza del 17 dicembre per depositare la sua perizia.

Sempre durante l'udienza di ieri, inoltre, è stato ascoltato il dottor Sabatelli, il neuropsichiatra infantile che, in questi mesi, ha più volte visitato il piccolo.

Era il 2 febbraio scorso, quando una macchina della volante, lo trovò riverso in una pozza di sangue sulla Tuscanese. Accanto a lui, la madre adottiva e un dipendente della Provincia, Claudio Picciollo, che si era fermato per vedere se i due avevano bisogno d'aiuto.

In un primo momento la donna disse di non sapere cos'era successo. Raccontò che, mentre erano in macchina, il bambino le aveva chiesto di fermarsi per fare pipì. Lei aveva accostato e lo aveva fatto scendere. Solo dopo qualche minuto si era accorta che era ferito. Subito dopo un passante, credendoli in difficoltà, si era fermato per soccorrerli.

La polizia sequestrò sia l'auto dell'uomo, dove furono trovate tracce di sangue, che quella della madre del bambino. Ma le indagini smentirono subito l'ipotesi di un investimento accidentale.

Fu il bimbo stesso a raccontare agli agenti di essere stato brutalmente picchiato, mimando su un bambolotto le violenze subite. Il tutto con l'aiuto di un interprete, che traduceva in italiano quello che il piccolo raccontava nella lingua del suo paese d'origine, il Burkina Faso.

E' stata proprio la sua testimonianza a far scattare le manette alla madre, tuttora detenuta nel carcere di Rebibbia.


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