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Tribunale - Accolta l'istanza dei legali della donna
Bimbo massacrato, la madre esce dal carcere
Viterbo - 13 ottobre 2010 - ore 18,15


La chiazze di sangue sulla strada dov'era riverso il bimbo
- E' uscita dal carcere la donna accusata di aver massacrato il figlio adottivo di cinque anni.

I suoi avvocati, Fabio Federico e Alessandra Zena, hanno chiesto e ottenuto gli arresti domiciliari per la loro assistita che, nelle prossime ore, potrà fare ritorno a Viterbo.

Così ha stabilito il giudice per le indagini preliminari Franca Marinelli, che ha accolto l'istanza di scarcerazione presentata dai legali della donna.

La signora, V.U.A., di origini nigeriane ma residente nella Tuscia e sposata da vent'anni con un viterbese, era detenuta nel carcere romano di Rebibbia dal 2 febbraio scorso. Da quando, cioè, fu arrestata dalla squadra mobile di Fabio Zampaglione con l'accusa di aver massacrato il suo bambino, adottato pochi mesi prima.

Quella sera, la donna e il bambino percorrevano in macchina la Tuscanese, quando il bimbo le chiese di fermarsi per un bisogno fisiologico.

La donna accostò in una strada senza uscita, all'altezza del bivio per Monterazzano, e lo lasciò scendere dall'auto.

Solo qualche minuto dopo V.U.A., come da lei stessa raccontato alla polizia, si era accorta che il bambino sanguinava copiosamente, ma la signora non aveva saputo spiegare agli agenti né come né perché.

Sul posto, dopo pochi minuti, era arrivato anche Claudio Picciollo, un dipendente della Provincia che stava rincasando dal lavoro.

L'uomo, credendo madre e figlio in difficoltà, si era fermato per soccorrerli. Ma quando, prendendo in braccio il bimbo, si è accorto che aveva il volto tumefatto e una profonda ferita alla testa, ha chiamato la polizia.

L'auto di Picciollo è stata in seguito sequestrata perché anche qui, oltre che sul prato e sulla macchina di V.U.A, furono trovate tracce di sangue appartenenti, con tutta probabilità, al bambino.

L'ipotesi dell'investimento accidentale del piccolo, da parte di Picciollo o della madre, fu subito scartata dagli inquirenti. A maggior ragione dopo la testimonianza shock del bimbo, che raccontò di essere stato brutalmente picchiato dalla mamma dopo una marachella.

Per farlo, il bambino si servì di un orsacchiotto, sul quale mimò le presunte violenze, mentre un interprete traduceva il suo racconto dalla lingua Mori (dialetto del Burkina Faso, paese d'orine del bimbo) in italiano.

Il 24 settembre scorso, nell'udienza svoltasi dinanzi al pm Renzo Petroselli e al gip Franca Marinelli, è stato affidato l'incarico al perito che svolgerà gli accertamenti dell'incidente probatorio. Accertamenti volti a verificare che le macchie trovate sul prato e sulle auto siano di sangue e riconducibili al bambino.

I risultati della perizia saranno illustrati, salvo richieste di proroga, nella prossima udienza del 17 dicembre.


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