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Una estate fantastica... - Interviene Italo Leali direttore del Tuscia in jazz
Che la cabina di regia non sia un baraccone
Viterbo - 25 settembre 2010 - ore 2,40

Riceviamo e pubblichiamo- Caro Carlo,

Ho seguito con particolare attenzione in questi giorni gli articoli usciti su Tusciaweb sul Festival Barocco. Bisogna ammettere che la tua provocazione ha colpito nel segno e finalmente aperto un dibattito sul mondo della cultura viterbese.

Nelle molte lettere da te pubblicate ho trovato molti spunti interessanti. D’altronde non poteva essere il contrario visto gli autorevoli firmatari delle lettere. Particolarmente mi ha colpito quella di Antoniozzi. In essa ho trovato i maggiori spunti su cui il mondo della cultura viterbese dovrebbe riflettere.

Il primo che la dicitura festival dovrebbe essere usata in maniera più appropriata. Spesso molti eventi si definiscono tali senza poi, in effetti, esserlo.

Come diceva il maestro, un festival per essere tale deve non solo realizzare una serie di concerti, ma anche fare formazione e produzione. Noi come Tuscia in Jazz in questi anni ne abbiamo fatto un cavallo di battaglia.

Attraverso i nostri seminari, cui partecipano 200 allievi ogni anno da tutto il mondo, con il nostro premio dedicato agli under 30, la nostra casa discografica (in questi giorni escono i due nuovi dischi con Eddie Gomez e Dave Liebman) e attraverso la nostra agenzia di spettacolo, da anni formiamo e poi produciamo moltissimi giovani musicisti affiancandoli ai grandi interpreti internazionali.

Tutto questo ci ha portato a esportare per l’Italia e nel Mondo le nostre produzioni e il nostro marchio facendolo divenire un sinonimo di qualità e professionalità. Mentre ti scrivo direttore mi trovo in Liguria dove vogliono affidarci la direzione di due grandi eventi internazionali e fra meno di quindici giorni partiremo per New York per rappresentare il jazz italiano durante il Columbus Day.

Il secondo punto su cui mi trovo in sintonia con il maestro Antoniozzi è quello relativo al marketing e la promozione di un evento. Un qualsiasi professionista del settore sa bene che per ottenere risultati di pubblico, specialmente quando non si tratta di cultura “Commerciale” ma di eventi di “élite”, la promozione deve essere fatta sui canali più appropriati e dunque settoriali.

I cinquantamila spettatori del Tuscia in Jazz nell’edizione 2010 non sono frutto: né di un colpo di fortuna né di un caso. Dei quattordicimila euro che il festival ha dedicato alla promozione quest’anno, solo il 20% sono andati in affissioni e manifesti, il restante 80% è stato investito su riviste di settore e grandi testate nazionali come Repubblica e Sole 24 ore.

Attraverso il nostro ufficio stampa poi siamo riusciti a farci pubblicare servizi a titolo gratuito su altre riviste nazionali o quotidiani. Fondamentale è infine l’utilizzo delle moderne tecnologie come internet.

Ora tornando al Festival Barocco, credo personalmente, che la causa del suo fallimento sia da cercare in altri lidi. Un evento non può essere finanziato al 100% dal denaro pubblico e la gestione di esso non può essere vincolata all’alternanza politica o a dirigenti pubblici senza esperienza specifica nel campo.

Il pubblico deve essere d’appoggio e sostegno all’iniziativa e non il fulcro stesso. La nostra provincia da punto di vista culturale è da anni, derisa e offesa dalle istituzioni regionali. La mancanza di una cabina di regia, che attenzione non deve essere l’ennesimo baraccone composto da amici di amici senza conoscenze nel settore, ha abbandonato a se stessi gli eventi viterbesi più importanti.

Ad esempio nell’ultimo bando della legge 32 per la cultura, parlo della biennale dove si sono i veri contributi, nei prima 23 posti ci sono solo due eventi viterbesi: il festival Barocco che ha preso 25.000 euro e il Tuscia in Jazz che per mancanza di fondi non è stato finanziato malgrado in classifica. In questo bando sono stati distribuiti oltre un milione di euro e alla nostra provincia sono toccate solo le briciole.

L’allora assessore regionale Giulia Rodano ha distribuito questi soldi a circoli Arci ed eventi venti volte più piccoli di molte realtà viterbesi. Questo è stato possibile perché i nostri politici si sono completamente disinteressati alla cosa e non hanno fatto valere i diritti del nostro territorio.

Nessuno di loro, fatta eccezione per Trappolini, a cui non è stato permesso di completare l’opera, si è recato in regione e battuto i pugni sui tavoli per far valere i nostri sacrosanti diritti.

Ora il nuovo assessore alla Cultura Fraticelli, con cui abbiamo trovato subito un ottima intesa, dovrà lavorare proprio su questo punto ossia far valere i nostri diritti in regione e portare di nuovo la meritocrazia in primo piano. Sono certo che tutti gli operatori e i professionisti del settore, saranno pronti a collaborare con l’assessore e che il loro contributo sarà sicuramente più importante di quello di politici senza poltrona che certamente già ambiscono a entrare in questa ipotetica cabina di regia.

Per concludere caro direttore vorrei ribadire ciò che da anni ripeto dal palco e nelle interviste: se un evento usufruisce di soldi pubblici per la sua realizzazione gli spettacoli devono essere obbligatoriamente gratuiti. Se ci riusciamo noi del Tuscia in Jazz e quelli di Caffeina credo che anche tutti gli altri possano farlo.

Italo Leali
Direttore Tuscia in Jazz Festival


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