
Sanremo – Vivere almeno una volta il festival di Sanremo in prima persona è il sogno di qualsiasi persona che voglia lavorare nel mondo della musica. Il viterbese Francesco Facchinetti c’è riuscito. Insieme al suo compagno artistico Matteo Ieva (con il quale forma il duo Le Ore) e ad Alex Wyse, ha scritto la canzone Rockstar, che è arrivata seconda nella categoria Nuove proposte, cantata dallo stesso Wyse.
Una settimana dopo il festival, Facchinetti è tornato alla sua normalità, al lavoro in studio a Milano. Ma l’esperienza a Sanremo lascia inevitabilmente un segno nella sua vita.
Puoi dirci in poche parole che significa partecipare al festival di Sanremo?
“Significa stare una settimana in una città cui tutto e tutti vivono esclusivamente in funzione del festival, una specie di mondo a sé. Lo spettacolo televisivo è bellissimo, ma anche quello che si vive fuori dall’Ariston è magico e ti fa capire davvero la grande forza di quest’evento. Il pubblico da casa vede solo una parte dello show”.
In che senso?
“Ci sono due festival di Sanremo: quello che va in onda e quello che si svolge prima e dopo lo spettacolo. A Sanremo l’evento comincia dalla mattina e prosegue fino a notte fonda; in qualunque posto vai, non si parla d’altro che del festival. I locali sono pieni fino all’alba, qualsiasi angolo della città è strapieno. Però c’è un momento in cui a città si ferma completamente, ed è quando va in onda lo spettacolo. Se giri per la città mentre c’è la diretta televisiva, le strade sono deserte: sono tutti a casa di qualcuno, negli alberghi o nei locali a seguire lo spettacolo”.
Si va a dormire tardi perché si lavora oppure perché si vive la festa?
“Nel nostro caso sono successe entrambe le cose. Sicuramente ci siamo goduti la città. Di solito a Sanremo si fa tardi per piacere, perché c’è un’atmosfera che non esiste in nessun altro posto”.
E la sera della finale com’è?
“Noi quest’anno la tensione della finale l’abbiamo sentita giovedì, visto che eravamo impegnati in prima persona con Alex. Poi ci siamo rilassati, la serata di sabato l’abbiamo vissuta da spettatori. Ma comunque vedere la sala col fiato sospeso, tutti gli artisti tesi per l’ultima esibizione… è impossibile non sentirsi coinvolti. La finale di Sanremo è un po’ come la finale del mondiale di calcio”.
Soddisfatto del vostro risultato, anche se non è arrivata la vittoria?
“Per noi la vittoria è stata andare a Sanremo. Siamo contentissimi di questo secondo posto: abbiamo portato la nostra canzone per due sere di fila davanti a 15 milioni di telespettatori, siamo stati ascoltati in tutto il mondo, Alex ha già un’agenda piena di concerti per i prossimi mesi. E poi sono contento di vedere che tanti brani cantautorali sono arrivati nelle prime posizioni, sia tra i Big che tra le Nuove proposte”.
Che riscontro avete avuto per la vostra canzone?
“Ho parlato con tante persone, da professionisti della musica a semplici spettatori, e tutti mi hanno dato giudizi positivi. Anche chi aveva sentito la canzone per la prima volta all’Ariston”.
A proposito di Ariston: dalla televisione sembra enorme, invece è un teatro piccolo dove, durante il festival, si deve muovere un numero enorme di persone con una precisione rigorosa. Com’è stare dietro le quinte?
“L’Ariston è grande come un cinema di paese, non è strutturato per un evento come il festival. Ed è proprio questo che lo rende così magico, se si facesse in un altro posto non sarebbe la stessa cosa. Per stare dietro le quinte ci sono i turni, ci si prepara a rotazione e dopo l’esibizione si lascia il teatro. Gli artisti se ne vanno subito dopo aver cantato perché non possono rimanere, devono lasciare spazio agli altri”.
Come funziona il rituale di preparazione di un’esibizione a Sanremo?
“È tutto schedulato. Gli artisti vengono convocati per presentarsi in teatro in base all’ora in cui ci si esibiscono. Un artista che canta a mezzanotte non arriva al teatro alla stessa ora di chi canta alle nove. Di solito, comunque, bisogna presentarsi un paio d’ore prima e prepararsi direttamente sul posto”.
Visto che gli spazi sono piccoli e sono tutti a contatto, c’è possibilità di creare rapporti e relazioni tra colleghi? Magari far nascere addirittura collaborazioni…
“Nell’Ariston no, perché sono tutti concentrati sulla diretta. Però può capitare se hai del tempo da passare insieme fuori. Ne parlavamo con un ristoratore storico di Sanremo: lui ci diceva che un tempo c’era più senso di comunione tra gli artisti, il vero dopo-festival era girare nei ristoranti dopo lo spettacolo. Potevi trovare veramente le situazioni più impensabili. Oggi gli artisti sono un po’ più chiusi. Però comunque queste cose ancora succedono”.

A te sono successe?
“Ho incontrato tante persone che avevo conosciuto negli anni, ho vissuto momenti davvero belli. Forse il più divertente è stato a una festa in una specie di locanda sul mare. Quando siamo entrati, alle 4 di notte, abbiamo incontrato Francesco Facchinetti, il mio omonimo figlio di Roby dei Pooh, ci siamo salutati e abbiamo duettato io e lui al karaoke sulle note di Perdere l’amore”.
Molti dicono che questo Sanremo ha segnato un cambio di rotta nella musica italiana, con i cantautori tornati al centro della scena. È vero?
“Lo spero. Va detto che a Sanremo è il gusto del direttore artistico a decidere le canzoni in gara e quindi la proposta musicale da portare al pubblico. Però, se penso ai primi due posti delle Nuove proposte e ai primi cinque big, tutti con pezzi molto intimi e cantautorali, mi viene da pensare che forse il pubblico vuole tornare a sentire canzoni scritte più col cuore che con la testa”.
Che ne pensi dell’uso (o abuso) dell’autotune tra i cantanti in gara?
“Alex Wyse ha cantato orgogliosamente senza correttore, perché crediamo nella musica fatta in un certo modo. Però Sanremo non è solo una gara a chi canta meglio, altrimenti vincerebbero sempre gli stessi. Ci vuole il giusto mix tra la canzone, l’interpretazione, il progetto e il momento storico in cui viene proposto. Poi oggi ci sono artisti come Madame, che utilizzano l’autotune come uno strumento musicale per caratterizzare il loro sound, e quindi devono per forza usarlo anche quando si esibiscono dal vivo. Da ascoltatore e da cantante mi dispiace non sentire quasi più nessuna imperfezione nelle esecuzioni live, però penso anche che l’autotune sarà sempre più presente e quindi, se viene introdotto in una gara, è giusto che tutti lo utilizzino per non fare una competizione impari”.
Tra i big qual era la tua canzone preferita?
“Speravo vincesse Giorgia, quest’anno se lo meritava davvero. Ha cantato divinamente tutte le sere, è stata osannata da tutta la città dal primo all’ultimo giorno. Dopo oltre trent’anni di carriera e dopo che l’ultima gara a Sanremo non era andata troppo bene, ha trovato la forza e la voglia di rimettersi in gioco un’altra volta ed è tornata la Giorgia dei tempi d’oro. L’ho votata anch’io al televoto, vederla arrivare sesta mi ha fatto male”.
Ti piacerebbe poter scrivere per lei?
“Sarebbe un sogno e penso lo sarebbe per qualunque autore”.
Prossimi progetti?
“Dal lunedì dopo Sanremo siamo tornati subito in studio con Alex Wyse per dei nuovi brani, sarà un anno pieno di canzoni. Lui in questo momento è il nostro focus principale, ma abbiamo diversi progetti che continuiamo a portare avanti con altri artisti”.
Alessandro Castellani
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