Riceviamo e pubblichiamo, facendo uno strappo alla regola di Tusciaweb che non pubblica mai interventi senza firma, la testimonianza anonima di un vigile del fuoco intervenuto nei luoghi dell'alluvione. Una tesimonianza che ci sembra di grande umanità e passione.
- Sono un vigile del fuoco, e come tutti i vigili del fuoco rimarrò nell'anonimato, perché il nostro è solamente un lavoro, il nostro è solamente il nostro dovere.
Saper di dover affrontare una giornata e poi una notte come quelle dell'altro ieri, tenere il turno, le mani e le gambe nell'acqua gelida e sporca per ventiquattro ore fa parte del nostro mestire ne andiamo orgogliosi e ne siamo fieri.
E' dura vedere le persone violentate nei propri affetti, vedere come disperate osservano le prorpie case invase dal fango, come ti chiedano con lo sguardo di fare il miracolo, ma l'unico miracolo che possiamo fare è portarle via.
Siamo stati avvicinati durante tutta la giornata e soprattutto nella notte da uomini e donne che vivono dell'amore per i propri animali, che chiedevano aiuto per loro, che ci imploravano di salvare, di portare all'asciutto i propri cani, i propri cavalli, le proprie pecore.
E' dura osservare persone piangere mentre guardano impotenti le carcasse di quegli stessi animali partate via dal vortice marrone del Marta. Persone silenziose, fiere, umili e
sempre composte.
Abbiamo dovuto far capire a chi voleva tornare a casa dai propri famigliari che era troppo pericoloso, che ci avremmo pensato noi ad andarli a prendere. Abbiamo dovuto urlare che prima dovevamo salvare le vite umane e poi pensare alle macchine, ai trattori alle case.
Alle 11 e 30 il Marta al bivio della Tuscanese con Tarquinia, rompe gli argini si allarga, come il Tevere sui lati, invade case e campi. Gorgoglia e al riflesso delle luci e dei gruppi elettrogeni sembra un immenso mare.
Il Marta l'altra notte notte ha fatto paura, ha fatto disperare, ha chiuso vie e trasportato cumuli e cumuli di detriti a valle con la forza devastante e inarrestabile delle acque.
Essere il giorno dopo fra quelli che parlano di ricostruzione e danni è giusto per riparare alla tragedia, ma quegli occhi, quelle persone non si possono dimenticare, non me li dimenticherò mai.
Allora sebbene il mio lavoro finisce lì, sebbene alla fine della nottata, arrivare con il mezzo anfibio a casa di quel ragazzo attaccato al respiro di una macchina, e vedere nei suoi occhi solo il minimo accenno di ringraziamento sia la cosa più bella e gratificante della mia vita, mi chiedo e chiedo a chi deve lavorare, prevedere, programmare, di pensare meno ai voti e più alla vita delle persone, che questa notte sono un po' morte dentro e nessun risarcimento le ripagherà.
La prevenzione, la pulizia dei letti dei fiumi, l'edilizia controllata, le sanzioni a chi sgarra, e il potenziamento ai nostri mezzi, che non devono aspettare i rinforzi da mezza Italia, e l'apertura del distaccamento di tarquinia, sono i primi passi necessari.
un saluto