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L'alambicco di Antoniozzi
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
La tv italiana cresciuta come una servetta
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 21 aprile 2009 - ore 2,30
Terremoto - L'alambicco di Antoniozzi
C'è sciacallo e sciacallo...
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 14 aprile 2009 - ore 2,40
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
A volte basta una scossa...
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 11 aprile 2009 - ore 2,40
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Compiti a casa per tutti
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 16 febbraio 2009 - ore 1,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Morire come si e è vissuti...
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 9 febbraio 2009 - ore 0,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Facebook? No grazie
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 2 febbraio 2009 - ore 0,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Il maschilismo padre di tutti gli stupri
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 28 gennaio 2009 - ore 0,15
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Che periodaccio...
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 11 dicembre 2008 - ore 0,15
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Quando non si buttava il pane
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 4 dicembre 2008 - ore 0,45
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Centrostorico, l'Unione e... l'amianto
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 27 novembre 2008 - ore 0,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
La immaginate Elisabetta d'Inghilterra a fare battutine?
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 14 novembre 2008 - ore 1,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Il luogo dei sogni
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 6 novembre 2008 - ore 2,15
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Senza Ryan Air, un aeroporto al 30 per cento
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 30 ottobre 2008 - ore 1,20
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi da Londra
Via Marconi meno la vedi e meglio stai
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 23 ottobre 2008 - ore 1,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi da Londra
I miei dubbi sull'aeroporto
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 16 ottobre 2008 - ore 1,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi da Londra
A vestire... impariamo dagli inglesi
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 10 ottobre 2008 - ore 1,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Gli altri siamo sempre noi
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 25 settembre 2008 - ore 1,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
Mi ha detto il cigno...
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 25 settembre 2008 - ore 0,30
Viterbo - L'alambicco di Antoniozzi
La tv italiana cresciuta come una servetta
di Alfonso Antoniozzi
Viterbo - 21 aprile 2009 - ore 2,30

Il cantante lirico
Alfonso Antoniozzi
- Abituati come siamo a una televisione all'italiana che non si è mai, di fatto, liberata dalle regolette auree dell'epoca Bernabei, non dovremmo sorprenderci troppo se ogni volta che dal piccolo schermo si leva una voce fuori dal coro a raccontarci la realtà com'è e non come ci piacerebbe che fosse partono interrogazioni parlamentari, lamentele da destra e da sinistra, indignate reprimende e grida di scandalo.

Il fatto è che mentre la Cbs o la Fox, negli Stati Uniti, fanno da sempre un'informazione che, pur essendo schierata, ritiene sia un punto d'orgoglio andare a scovare gli scheletri nascosti nell'armadio dei politici, in Italia da sempre la televisione deve essere il cane fedele di chiunque si avvicendi alla guida del nostro Paese, e guai a chi si azzarda a fare un distinguo o ad insinuare un timido però.

Non così nel Regno Unito, dove la Bbc intende la sua funzione di servizio pubblico come "servizio AL pubblico", e se proprio deve considerarsi un cane preferisce essere un cane da guardia di cui il governo e i politici hanno un timore reverenziale, perché sanno bene che qualsiasi magagna nella gestione dello Stato sarebbe messa immediatamente alla berlina da giornalisti il cui mestiere non è, come da noi, quello di fare da cassa di risonanza alle veline parlamentari ma semmai quello di garantire, col loro lavoro d'indagine, che chi è chiamato ad amministrare il potere lo faccia nel rispetto della legge.

Senza andare a scomodare le differenze tra il giornalismo d'informazione all'italiana e quello di matrice anglosassone, basterebbe dare un'occhiata anche sommaria all'abisso che separa le produzioni di fiction nostrane da quelle che importiamo dagli Stati Uniti per farsi un'idea piuttosto chiara di come funziona la nostra televisione.

Mentre all'estero si sfornano serie come "Sex and The City", "Six Feet Under" e "Brothers and Sisters" in cui gli sceneggiatori ci raccontano spaccati di vita reale (per romanzata che sia) senza aver paura di raccontare di coppie gay, consumo di droghe leggere e pesanti, sesso, difficoltà economiche eccetera, da noi le produzioni televisive si arroccano su vite di santi, biografie di papi, agiografie di eroi del passato oppure blande fiction in cui si passa da un amoretto all'altro, senza nessun realistico collegamento con ciò che sta davvero succedendo alla nostra società.

La produzione televisiva italiana è un po' come il rassicurante sussidiario delle scuole elementari di una volta o, se vogliamo, come gli edificanti raccontini del libro Cuore: si sforza di perpetuare la triade Dio Patria e Famiglia assolutamente noncurante del fatto che, nella maggior parte dei casi, la realtà di tutti i giorni non abbia niente a che fare con i pii desideri del produttore o dello sceneggiatore.

Alla luce di questo deprimente quadro non deve sorprendere che venga considerata come inaccettabile qualsiasi voce che interrompa il coro di lacrime e solidarietà che ha fatto seguito al terremoto dell'Abruzzo, anche se questa voce dovesse raccontarci l'ovvio, ossia che se le case fossero state costruite o migliorate seguendo criteri antisismici la terra che trema avrebbe fatto molti, molti morti in meno. 

E se non passa un'informazione di questo tipo, figurarsi l'accoglienza che viene fatta alla satira da parte di una televisione convinta che la satira debba consistere unicamente in certe squallide quanto rispettose parodie che sono il fiore all'occhiello del Bagaglino.

Io non credo che la televisione italiana voglia farsi propugnatrice di un pensiero unico: è soltanto nata male da subito perché i suoi genitori l'hanno, da sempre, considerata una serva sciocca che di pensiero non deve averne neanche mezzo e quando nei suoi ranghi capitano giornalisti come Santoro o come la Gabanelli o autori di satira come la Guzzanti, Luttazzi o Vauro li tollera come si tollera un fastidioso brufolo che ci impedisce di fare, concetto squisitamente e unicamente italiano, "bella figura".

E, come si fa con un brufolo, quotidianamente è lì che lo guarda e, malgrado il medico dica che i brufoli non vanno toccati, non vede l'ora di schiacciarlo.

Alfonso Antoniozzi

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