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Elezioni amministrative - ll corsivo di Bruno
Il buon governo passa in secondo piano
di Severo Bruno
Viterbo - 15 giugno 2009 - ore 3,00

Severo Bruno
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- Com'è ormai noto a tutti, in provincia di Viterbo il PdL ha conquistato il 45% dei voti (a Viterbo il 51% e rotti) e il Pd il 26,56%, che è il fatto saliente messo in luce e commentato dai politici locali, mentre l'Udc ha totalizzato il 6,24% e l'Idv il 5,54%.

Seguono Sinistra e Libertà con il 3,94% e Rifondazione-PdCI il 4,01% mentre i radicali di Pannella hanno conquistato il 2,28% e i leghisti l'1,64%.

Tutto si è svolto secondo i timori e le aspettative, quindi, e, anzi, per i partiti di governo nella nostra provincia e a Viterbo città, è stato raggiunto un pieno di voti, leggermente superiore al dato nazionale.

Ciò malgrado, il Pd si è dichiarato abbastanza soddisfatto per la tenuta e per la conquista di alcuni centri significativi, Civita Castellana in primis, che hanno comportato l'effetto non secondario di avere aquisito un numero maggiore di cittadini amministrati dal Pd, circa settemila.

Questo apparente paradosso dipende essenzialmente dal sistema maggioritario in vigore nei piccoli comuni e dalla dispersione dei voti in quelli più grandi, per cui chi vince è spesso portato al successo dalla impreparazione degli avversari o dalle avversioni personalistiche che trascendono e superano ogni logica di partito.

Le diatribe personalistiche in qualche caso hanno avuto conclusioni impensate con esponenti di un partito occupato a far propaganda agli avversari, pur di non far vincere l'odiato collega, o con la bocciatura clamorosa di esponenti di spicco, abbandonati dagli elettori proprio perché non chiara la posizione politica dei suoi alleati.

Il fenomeno si è notato in tutti gli schieramenti e ha occupato i partiti in polemiche interne e in processi contro i responsabili, ma senza raggiungere risultati soddisfacenti.

Mi spiego meglio. E' capitato spesso che in liste per il sindaco fossero uniti insieme, per ragioni politiche, personali, familiari o di semplice convenienza pratica, persone dalle più diverse provenienze e colore politico, protetti e mimetizzati in liste civiche non definite. Se ciò è agevolmente comprensibile in piccoli paesi, diventa molto più difficile da digerire se lo stesso candidato sindaco è proposto prima da destra e poi da sinistra, disorientando gli elettori e gli iscritti.

Infatti gli elettori decidono per la qualità delle persone, è vero, ma anche per ragioni di appartenenza, per cui, confusi dalle troppe acrobazie di schieramento, finiscono per non votare più, in base al fatale “tanto son tutti uguali”, che può diventare, se troppo seguito, l'epitaffio della democrazia.

Ad aggravare la confusione dell'opinione pubblica, inoltre, vi è il processo di aggregazione di più partiti in un unico contenitore, in corso sia per il Pdl che per il Pd, ma anche per la sinistra delle varie anime o, meglio, delle varie persone.

In queste condizioni diventa sempre più difficile distinguere tra le affinità e le incompatibilità, specie se complicate da ambizioni elettorali e concorrenze varie.

Come si vede, la ricerca del buon governo e le giuste pubbliche critiche per una azione amministrativa insoddisfacente, sono del tutto trascurate e diventano perciò elemento secondario della scelta, subordinato al gioco delle alleanze e delle più grandi aggregazioni.

I dati delle elezioni provinciali, perciò, sono contraddittori e non particolarmente significativi, tanto che gli scontenti sono più dei soddisfatti nell'uno e nell'altro schieramento.

Non vorrei che fosse diventato prevalente, nello sforzo di differenziazione, più il retropensiero “ Noemi sì-Noemi no”, che un qualsiasi altro elemento di giudizio più serio e pertinente.

In questa situazione, non si vede perché i partiti non avviino un severa verifica della corrispondenza e della adesione degli eletti ai programmi politici deliberati.

Infatti sarà pur importante vincere la contesa elettorale, ma non tanto importante da far dimenticare i motivi della militanza politica e della condivisione dei progetti comuni, o da mettere a rischio nella foga competitiva, le ragioni stesse della appartenenza.

Severo Bruno

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