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Intesa Fiat-Chrysler - ll corsivo di Bruno
Altro che nani e ballerine, finanziamo i ricercatori
di Severo Bruno
Viterbo - 4 maggio 2009 - ore 1,00

Severo Bruno
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- In questi giorni la vicenda Fiat-Chrysler riempie la cronaca con un clamore che da tempo nessun'altra notizia aveva raggiunto, salvo quelle di guerra.

Un clamore giustificato, aggiungo, in quanto provocato da un mix di elementi inediti e improbabili, a cominciare dai protagonisti, un presidente coraggioso e un lungimirante stratega industriale, per finire alle condizioni dell'affare, con niente soldi ma tecnologia valutata miliardi, utile per consumi più ragionevoli ed ecocompatibili.

Tutte cose nuove e sorprendenti, d'accordo, ma l'elemento di gran lunga più significativo e importante è il grande ruolo che a sorpresa ha assunto la ricerca italiana sulla scena mondiale, con i suoi ricercatori, fisici e ingegneri autori di scoperte ed applicazioni geniali.

Il vero protagonista di tutto l'affare, infatti, è il Centro ricerche Fiat guidato dal fisico Rinaldo Rinolfi, dove è stato sviluppato il primo diesel a iniezione diretta, dove è stato ideato e brevettato il “common rail“, dov'è stato ideato, perfezionato e brevettato il Multijet, il più piccolo motore diesel, e dov'è stato appena varato l'ultimo progetto “Multiair”, dai ridotti consumi e ridottissime emissioni, oggetto dei desideri americani.

La squadra che ha realizzato tutto questo è composta da ingegneri che si sono formati nei nostri licei e nella nostra università, forse nel Politecnico di Torino, quando ancora non era iniziata la campagna di delegittimazione dell'attuale governo, ma già la nostra ricerca si dibatteva nella solita cronica mancanza di fondi, sostenuta però, ed animata da grandi insegnanti continuatori della gloriosa tradizione della scuola italiana.

Dalle ricerche di questa squadra e dai suoi risultati è nato l'interesse del mondo automobilistico per i motori Fiat, e quindi si è concretizzata l'opportunità della nascita di un nuovo grande gruppo industriale di dimensioni planetarie.

Dinanzi a un exploit di queste dimensioni, diventa attualissimo il discorso sul futuro della università italiana e della scuola in genere, alla luce degli indirizzi governativi e della palese inadeguatezza di coloro che dovrebbero sceglierne le linee guida.

La fuga dalle università dei ricercatori è infatti una ipoteca sul futuro della ricerca, lasciata esclusiva mente a coloro che si sono preparati trenta, venti o dieci anni fa, senza il contributo e il ricambio di giovani e giovanissimi.

Per sintetizzare, se la riforma berlusconiana fosse stata attuata da qualche anno, molto probabilmente oggi non avremmo saputo conquistare un così grande riconoscimento internazionale.

Sorgono quindi, e diventano via via più insistenti, gli interrogativi sulla strategia dell'attuale governo che ha sottratto circa 9 miliardi di euro al bilancio della scuola, con la famosa finanziaria approvata in dieci minuti, gran vanto del ministro Tremonti.

Quello scippo rimarrà nella storia del paese e la sua gravità, si teme, la constateremo nel prossimo futuro.

Speriamo almeno che il clamore dell'intesa Fiat-Chrysler convinca tutti, e quindi anche il governo, che il futuro del nostro paese si basa sulla ricerca e sulla qualità degli studi, da potenziare e finanziare come il più redditizio degli investimenti, altro che nani e ballerine e spettacoli televisivi.

Severo Bruno

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