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Verso le dimissioni di Berlusconi? - ll corsivo di Bruno
Tra Pm e crisi economica
di Severo Bruno
Viterbo - 29 giugno 2009 - ore 3,30

Severo Bruno
Copyright Tusciaweb

- Mentre l'Italia si dibatte in una crisi economica che non risparmia alcun ceto, dai dipendenti a reddito fisso ai liberi professionisti e ai commercianti, mentre il governo vara una serie di misure, che qualcuno ha definito “da tre soldi” e le vacanze austere incombono dappertutto, siamo agli onori delle cronache della stampa straniera, grazie alle intemperanze dell'arzillo Berlusconi e alle conseguenze politiche che potrebbe avere, e che ha già avuto, l'inchiesta di Bari su Tarantini e soci e le gite a villa Certosa con allegra compagnia.

A sentire la stampa internazionale, sembra infatti che siamo ormai prossimi alle dimissioni di Berlusconi e alla sua sostituzione con il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, grazie proprio a quanto emerso da quella inchiesta circa i festini nella villa del premier con donne prezzolate.

Sui giornali inglesi Times e Indipendent è messa in grande evidenza la storia “sesso, bugie e videotape” che lo riguarda, così come in Spagna, su El pais e El Mundo, con interviste al prof Sartori e ad Antonio Di Pietro, tutti sul tema dimissioni.

Entrambi gli intervistati hanno escluso comunque tale possibilità, l'uno per la potenza economica del cavaliere che complica e blocca ogni attacco verso il governo, l'altro per i rischi giudiziari che potrebbero comportare le dimissioni, una volta finito lo scudo protettivo fornito dal lodo Alfano.

Tralasciando, per quanto possibile, il colore nato dalla diffusa spiegazione dei termini “velina”, “meteorina”, “ letteronza” e “valletta”, che danno le testate citate, specie quelle inglesi, l'aspetto serio dei servizi, poggia la previsione delle dimissioni sull'atteggiamento di distacco assunto dagli organi dei vescovi italiani, e sulla freddezza della “corte di re Silvio” nel difenderlo e nel consigliarlo.

Ha fatto molta impressione, a esempio, il commento di Giuliano Ferrara sul Foglio, che ha tracciato una analogia tra l'attuale situazione e quella di Mussolini il 24 luglio 1943, alla vigilia della sua destituzione.

A parte l'arditezza dell'accostamento dei personaggi e degli avvenimenti, è innegabile che la squadra di governo appaia colpita e smarrita, con dichiarazioni di solidarietà tardive o non convincenti, ma comunque sempre abbastanza salda nel difendere la governabilità e la tenuta delle alleanze.

Molto più importante, invece, appare il distacco degli ambienti religiosi che potrebbe preludere a un vero e proprio giudizio critico, per ora soltanto abbozzato, sul personaggio, rivelatosi difensore di troppe famiglie e di costumi a dir poco disinvolti, certamente non adatto a rappresentare le ragioni di chi cerca di affermare le radici cristiane dell'Europa.

Malgrado ciò, tuttavia, allo stato non appaiono ancora segni concreti di imminenti dimissioni, anche perché i partiti di governo non avrebbero alcun interesse ad accelerare una opera di rinnovamento radicale.

Se allo stato è così, non è detto che nel prossimo futuro qualcosa non cambi, visto che gli sviluppi giudiziari dell'inchiesta di Bari, non sono prevedibili e che in essa si indaga su reati di sfruttamento e di induzione alla prostituzione, oltre che di droga.

Altro elemento che potrebbe portare alle dimissioni è l'aggravamento dei riflessi sociali della crisi economica, attualmente molto più avvertiti dalla opinione pubblica e quindi molto pericolosi per chi poggia tutto sul consenso e sulla popolarità.

La congiuntura sembra inoltre non padroneggiata dal governo, se non con annunci a effetto, come ha rilevato la presidente Marcegaglia chiedendo non solo parole, ma soldi “veri”.

Che l'argomento sia molto importante, se non decisivo, lo prova anche il precipitoso cambio di rotta del premier, che era arrivato ad attaccare duramente la Banca d'Italia, l'Istat, l'Ocse, il Fondo monetario internazionale e la Commissione europea per la diffusione di dati sulla crisi, giudicati dal governo non affidabili e allarmistici, e la stampa per averli resi pubblici amplificandoli.

Era arrivato a dire che si sarebbe dovuto “tappare la bocca” ai mass media e a coloro che pubblicano dati negativi sulla economia. Ora, invece, è arrivata la smentita “ ...Forse il mio è un linguaggio non politicamente corretto, ma se l'ho detto non c'era assolutamente nulla di violento, antidemocratico o meno che liberale...”.

Il ripensamento, infatti, porta a una strategia di “...pranzi, cene e incontri...” che convincano i responsabili dei mass media a confinare le sgradite notizie nelle pagine interne, in mezzo alle altre.

Più manipolazione, insomma, che censura.

Un simile atteggiamento comprova uno stato di debolezza del premier, che per la prima volta chiede collaborazione alla stampa che non possiede o non controlla.

Severo Bruno

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